…Parlare della storia della CISL è raccontare una parte importante della storia del sindacato in Italia, un sindacato sorto in quell’Italia repubblicana, libera e democratica nata all’indomani del secondo conflitto mondiale. Infatti, sebbene il regime fascista avesse cancellato l’esperienza sindacale precedente, durante la guerra e l’occupazione tedesca si ha una ripresa delle lotte operaie contro l’aumento dei prezzi e la guerra.
Ben presto il movimento di lotta si trasforma in un grande movimento di protesta politica collettiva antifascista. Alcuni uomini, già dirigenti di organizzazioni sindacali prefasciste, appartenenti ai partiti più rappresentativi, iniziano a discutere in clandestinità e nei territori liberati del Mezzogiorno sulla possibilità di realizzare una organizzazione sindacale unitaria. Achille Grandi, Giuseppe Di Vittorio, Bruno Buozzi (assassinato dai fascisti durante il ritiro tedesco da Roma, alla vigilia della nascita del nuovo sindacato), Oreste Lizzadri e Giulio Pastore sono i protagonisti principali di quel difficile dialogo che porta il 9 giugno del 1944, con la firma del Patto di Roma, alla nascita della CGIL unitaria. Tra le varie componenti sindacali esistono punti di vista diversi, in tema di politica salariale e di difesa dell’occupazione, ma nel complesso esiste un orientamento di massima a collaborare al processo di ricostruzione del paese. Tuttavia ben presto si costituiscono correnti sindacali collegate ai principali partiti. Un acceso settarismo ideologico divide gradualmente i militanti. La fine dell’esperienza unitaria avviene con l’accesa polemica scoppiata intorno allo sciopero nazionale indetto nel luglio del 1948 dopo l’attentato a Palmiro Togliatti, segretario del Pci. La corrente sindacale cristiana, guidata da Giulio Pastore, si dissocia dallo sciopero e considera concluso l’esperimento dell’unità sindacale, dando vita il 17 ottobre 1948, nel corso di un congresso straordinario delle ACLI, alla Libera CGIL. Nella primavera successiva escono dalla CGIL unitaria anche i repubblicani e i socialdemocratici, che danno vita alla FIL (Federazione italiana del lavoro). Gli Inizi La CISL nasce il 30 aprile 1950 dalla confluenza della Libera CGIL, di parte della FIL e di alcuni sindacati autonomi del settore dei servizi pubblici e privati. Nei suoi primi anni di vita l’intento della CISL è quello di costruire un’organizzazione realmente autonoma dal suo retroterra politico e confessionale. A questo scopo viene costituito nel 1951 il Centro studi di Firenze, che durante gli anni Cinquanta organizza corsi per la formazione dei nuovi dirigenti sul modello del sindacalismo americano degli anni Trenta e Quaranta. Un riferimento questo da cui la CISL fa discendere anche la concezione del sindacato come associazione, un sindacato cioè che basa la sua forza e la sua ragion d’essere sull’adesione volontaria dei lavoratori, i quali ne determinano scelte e orientamenti. Per questo la CISL ha sempre manifestato la sua opposizione a qualsiasi tentativo di regolamentare per legge l’attività sindacale, come previsto dagli articoli 39 e 40 della Costituzione. Il riconoscimento giuridico, infatti, potrebbe implicare l’iscrizione obbligatoria di tutti i lavoratori al sindacato. Nel 1953 la CISL propone di articolare la contrattazione, cioè di arrivare a contrattare il salario, o alcune sue parti, azienda per azienda o per settori produttivi: cosa, questa, che diviene una bandiera della propria attività sindacale per tutto il decennio. Nel 1954 vengono proposte le Sezioni aziendali sindacali (SAS), cioè nuclei della CISL nei luoghi di lavoro con lo scopo di guidare la contrattazione aziendale. L’autonomia delle categorie è proclamata fin dall’inizio, ma rimane senza attuazione fino alla realizzazione concreta della contrattazione aziendale, cioè fino a quando il sindacato non è abbastanza forte da farsi riconoscere come controparte dai padroni. Essere sindacato negli anni Cinquanta è molto difficile, poiché il sindacato è completamente esterno ai luoghi di lavoro e subisce la repressione del padronato. La CISL è impegnata nella ricerca di autonomia nei confronti del proprio retroterra politico tanto che nel 1957 non esita a fare cadere il governo Segni sul problema dei patti agrari e nel 1960 il governo Tambroni, nato con l’appoggio del MSI. A questo proposito ricordiamo che in quegli anni le tre organizzazioni sindacali avevano tutte una propria rappresentanza parlamentare. L’incompatibilità tra cariche politiche e sindacali viene sancita in anni relativamente più recenti. Conseguentemente questi atteggiamenti hanno ripercussioni rilevanti anche nei rapporti con la CGIL. Infatti se da un lato si registrano momenti di lotta unitaria segnati dallo slogan “Marciare divisi, colpire uniti”, dall’altro si hanno forti divisioni in occasione soprattutto di manifestazioni indette dalla CGIL su questioni di carattere internazionale o politico. È questo il periodo degli accordi separati, come nel caso della grande vertenza in merito al conglobamento dell’indennità di carovita nella paga base, che si conclude con un accordo interconfederale firmato da CISL e UIL, mentre la CGIL, che si era ritirata dalle trattative, accetta l’accordo solo in seguito. L’immagine che la CISL si è costruita tra i lavoratori, grazie allo sforzo organizzativo avviato da Pastore per formare un quadro dirigente altamente professionalizzato ed autonomo, è quella di un sindacato moderno e competente che raccoglie adesioni di lavoratori provenienti da matrici ideologiche e politiche molto diverse. Significativa da questo punto di vista risulta la vicenda della FIAT, dove la CISL nel 1958 espelle ben 105 dei 114 delegati interni, i quali formeranno il SIDA (un sindacato filopadronale vicino alla FIAT), iniziando con una sparuta pattuglia di attivisti FIM (il sindacato dei lavoratori metalmeccanici della CISL) una dura lotta contro i reparti confino e i licenziamenti che terminerà solo nel 1966 quando da sola la FIM CISL organizzerà a Torino una grande manifestazione contro la repressione. Una vicenda, questa, che riveste una grande importanza per la storia della CISL, poiché, sebbene ricalchi, sia pure in termini quantitativi minori, quella dei militanti CGIL dal 1952 al 1958, fa cadere definitivamente le critiche di chi giudicava la CISL “moderata” e più malleabile per i padroni.

GLI ANNI SESSANTA E LA NUOVA POLITICA CONTRATTUALE
Tuttavia i rapporti tra le confederazioni sono sempre caratterizzati da grandi difficoltà e solo agli inizi degli anni Sessanta cominciano a verificarsi momenti di unità d’azione in qualche categoria e in alcune località. Fatto ancor più importante è che iniziano ad attuarsi i primi rilevanti accordi aziendali (Italsider, Bassetti, Perugina, Franchi), mentre i parlamentari-sindacalisti della CISL insistono in Parlamento per un ruolo più attivo e autonomo delle aziende a partecipazione statale che già dal 1956, grazie all’iniziativa della CISL, si erano distaccate dalla Confindustria dando vita all’Intersind consentendo, così, di creare un sistema articolato di contrattazione con il sindacato. In questi anni si svolgono le prime grandi lotte unitarie, quelle dei siderurgici, quelle degli elettromeccanici e le vertenze aziendali a Milano. Il contratto dei metalmeccanici del 1963 è il punto di arrivo della mobilitazione di questo periodo. Il sindacato riesce a conquistare il diritto di contrattare in azienda i cottimi (cioè la retribuzione a rendimento), i premi di produzione e le qualifiche. Il clima politico favorisce l’affermazione della contrattazione articolata: siamo negli anni del centrosinistra con la partecipazione del Partito socialista al governo del paese. Ciò, tuttavia, non significa che in questo periodo si
raggiunga il massimo delle libertà sindacali, anzi la resistenza padronale è molto forte, tanto che fare attività sindacale nei luoghi di lavoro può ancora costare il licenziamento. Ancora non esistono diritti sindacali e rimane difficile per il sindacato entrare in fabbrica, indire riunioni o assemblee. Verso la metà degli anni Sessanta la crisi economica blocca lo sviluppo dell’economia italiana: i licenziamenti nelle fabbriche e un elevato tasso di disoccupazione rendono difficile applicare le conquiste del periodo precedente ed anche i contratti di lavoro firmati sono molto deludenti per i lavoratori.

Nella CISL si apre un intenso confronto interno poiché alcune federazioni di categorie dell’industria, alcune realtà provinciali e qualche settore del pubblico impiego chiedono con decisione l’incompatibilità tra cariche politiche e cariche sindacali.
Durante questo periodo inizia l’impegno sindacale su nuovi terreni, non più immediatamente legati al luogo di lavoro:
è la politica delle riforme, nata dalle delusioni del centrosinistra che non aveva soddisfatto le aspettative dei lavoratori.
Questo nuovo impegno costituisce un fatto rilevante poiché segna i primi coinvolgimenti del governo nell’attività contrattuale e l’impegno del sindacato su questioni che riguardano la società nel suo complesso. Nel 1969, il VI Congresso CISL sancisce l’incompatibilità tra cariche politiche e cariche sindacali. Da questo momento la CISL non avrà più una rappresentanza parlamentare. Sono anni, questi, in cui le lotte dei lavoratori, insieme con quelle studentesche e con le guerre di liberazione nel Terzo Mondo, mostrano assai spesso un volto nuovo e tendono a ridiscutere il modo di essere del sindacato. Lotte che non pagano solo sul piano dei contratti aziendali e di categoria, ma che conducono all’abolizione delle gabbie salariali, ad un primo accordo che prevede il collegamento tra pensioni e salario e a quell’importante riforma che è lo Statuto dei lavoratori. La CISL è presente e spesso all’avanguardia, anche rispetto alla sfida eversiva e alla “strategia della tensione”, le trame nere, gli attentati di piazza, che richiedono al sindacato di muoversi per la prima volta unito, in difesa delle libertà democratiche.

LA STAGIONE DELL’AUTONOMIA E DELL’UNITA’
Dal 1969 ha inizio una nuova fase di rilancio dell’unità sindacale. Per tre volte i consigli generali di CISL, CGIL e UIL si riuniscono per fissare le date dei congressi di scioglimento delle organizzazioni (che alcune strutture realizzano) in vista del Congresso unitario.
Nel luglio del 1972 si giunge anche alla fondazione della Federazione unitaria, momento transitorio e di compromesso per arrivare in una seconda fase all’unità organica. Ma la Federazione unitaria, invece, diventerà la struttura stabile di un’unità sindacale incompleta, burocratizzata e lontana dai lavoratori il cui aspetto positivo sarà quello di garantire il movimento sindacale da pericoli di sgretolamento davanti agli attacchi portati dall’eversione fascista e, in seguito, dal terrorismo.
Il 1973 è l’anno della crisi petrolifera e l’inizio di una profonda crisi economica per tutto il mondo industrializzato ma il sindacato, forte dei precedenti successi, riesce a raggiungere comunque significativi risultati. Nel 1975 sigla un accordo interconfederale in cui è previsto il miglioramento del rapporto tra salario e pensioni, l’unificazione del punto di contingenza per tutti i lavoratori (in precedenza erano previste scale mobili differenziate tra le varie categorie di lavoratori) e la riforma della cassa integrazione guadagni. Nel 1977 stipula un accordo che prevede il blocco del calcolo della contingenza sulle liquidazioni e la soppressione di alcune festività. Questo accordo, come il precedente, mostra un mutamento degno di nota: il sindacato si propone come parte dirigente rispetto alla politica economica generale, impegnandosi in prima persona per contribuire a far uscire il paese dalla profonda crisi che lo attraversa. È la scelta sancita nel 1978 dall’assemblea dei delegati della Federazione unitaria all’Eur e che tuttora è al centro dell’azione della CISL e del sindacato nel nostro paese. Il clima politico è favorevole a questa svolta, sono infatti gli anni dei governi di “solidarietà nazionale” conseguenti all’assassinio di Aldo Moro da parte delle Brigate Rosse. Un impegno che non verrà meno nonostante le minacce dirette del terrorismo di destra e di sinistra che vedevano nel movimento sindacale un nemico da distruggere. Tuttavia la Federazione unitaria in questo frangente mostra tutti i suoi limiti e cade sotto il peso delle polemiche.

LA CONCERTAZIONE
In questi anni la CISL è interprete costante e rigorosa delle scelte fatte nel 1978 all’Eur e ha un ruolo determinante nella stipula di importanti accordi. Con quello del 22 gennaio 1983 viene diminuito il costo del lavoro attraverso un intervento di alleggerimento della scala mobile, che da sola copre una parte cospicua delle retribuzioni, in cambio di provvedimenti di politica economica e fiscale (alleggerimento del carico fiscale sulla busta paga dei lavoratori, adeguamento degli assegni familiari per favorire le famiglie più numerose e con meno reddito disponibile, provvedimenti governativi sull’occupazione e per la “fiscalizzazione” degli oneri sociali, cioè per il pagamento da parte dello Stato dei contributi pagati dalle imprese per i lavoratori ecc.). L’accordo del 14 febbraio 1984 fa scendere il tasso d’inflazione sotto quota 10%, cosa che non accadeva dal 1974, ma genera disaccordi e polemiche a tal punto che viene promosso anche un referendum abrogativo di molta parte dell’intesa stessa. Il referendum, sostenuto in particolare dal PCI e dalla componente comunista della CGIL, si svolge il 9 giugno del 1985 e registra una sicura prevalenza delle forze favorevoli all’accordo. Particolarmente critica si presenta la situazione istituzionale agli inizi degli anni Novanta in Italia, alimentata sia dalle vicende politiche internazionali, come la fine dell’esperienza del comunismo reale, sia dall’intreccio di scandali politici scoperti dalla magistratura, che mina ulteriormente il sistema dei partiti politici, accelerandone processi di trasformazione anche radicale e concorrendo all’emergere di forze nuove. Gli ultimi anni sono segnati dalla pratica concertativa con i due protocolli del luglio 1992 e del luglio 1993. Il primo, alle spalle di una crisi monetaria, mette sotto controllo il debito pubblico e l’inflazione corresponsabilizzando le parti sociali e di governo e ampliando gli spazi di contrattazione salariale con l’eliminazione della scala mobile. Il secondo protocollo perfeziona il precedente: la concertazione viene assunta a metodo, affrontando le politiche tariffarie e fiscali e promuovendo un quadro di fattori di sviluppo, e viene riformata la struttura contrattuale. In tale contesto anche il sindacato si rinnova partendo proprio dai luoghi di lavoro: con gli inizi del 1994 si cominciano a votare in tutte le realtà lavorative le Rappresentanze sindacali unitarie (RSU), un modo più democratico di concepire il rapporto con i lavoratori e la loro azione negoziale e primo passo verso la costruzione di un sindacato unitario. Un sindacato nuovo I mutamenti intervenuti nel mondo del lavoro in questi anni non concedono del resto alternative ad un rinnovamento profondo del sindacalismo confederale, un rinnovamento che, come è emerso dall’Assemblea dei quadri e delegati CISL che si è svolta a Rimini il 2 e 3 febbraio 1996, vuol dire esclusivamente unità, nel senso che ognuno rinuncia a qualcosa per trovare una dignità più alta per tutti e maggiormente partecipativa. La CISL crede ancora nella nascita di un nuovo soggetto sindacale unitario in cui portare il proprio contributo, la propria passione, la propria identità, per avere, di fronte alla sfida della società moderna, un sindacato forte e adeguato. Un sindacato in grado di salvaguardare i diritti civili, politici e sociali nel nostro paese, concorrendo attivamente ad alimentare una coscienza della partecipazione e della solidarietà.

I VALORI ISPIRATORI DELLA CISL
Autonomia, solidarietà, uguaglianza e contrattazione sono da sempre i valori ispiratori dell’azione sindacale della CISL, un’organizzazione la cui natura e il cui scopo è quello di essere strumento di liberazione e di giustizia quotidiana per i lavoratori e per la società. La continua ricerca di autonomia da partiti politici, forze economiche, istituzioni pubbliche o private, ha portato la CISL a costruire una cultura sindacale legata alla concretezza dei problemi del mondo del lavoro e all’elaborazione di proposte di politica sindacale misurate su questa realtà. La solidarietà è il valore alla base dello sviluppo delle esperienze associative dei lavoratori e per la CISL deve quindi costituire il presupposto di qualsiasi progetto ed azione sindacale. Il valore dell’uguaglianza per la CISL è mutato con i cambiamenti sociali che hanno interessato l’Italia in questi ultimi decenni. Tramite la contrattazione collettiva la CISL ritiene possibile migliorare le condizioni economiche, professionali e sociali dei lavoratori. Infatti la forza del sindacato risiede nella sua capacità di contrattare tutti gli aspetti del lavoro e i problemi ad esso connessi. Per questo nel corso degli anni l’esperienza della contrattazione sindacale si è notevolmente arricchita, passando da semplice tutela dei lavoratori a negoziazione della politica economica di una nazione.

LE POLITICHE DELLA CISL
La CISL ha sempre avuto un’autonoma capacità di elaborare politiche rispondenti alle situazioni che si sono sviluppate nel mondo del lavoro e nella società in questi anni. Una capacità cresciuta con l’intera organizzazione e resa possibile dall’esercizio costante dell’autonomia, da una conseguente politica di formazione di quadri, dalla valorizzazione delle proprie risorse e da un collegamento vivo, e mai subalterno, con i movimenti politici e culturali del paese. A titolo d’esempio ricordiamo negli anni Cinquanta l’intuizione sulla contrattazione articolata e sulla presenza sindacale nei luoghi di lavoro, divenuta poi patrimonio di tutti. Alle politiche più strettamente legate alla tutela dei lavoratori sui luoghi di lavoro, si affiancano oggi politiche di interesse più generale riconducibili ad alcuni grandi temi.

LAVORO – OCCUPAZIONE – CONTRATTAZIONE
Per affrontare i problemi legati al salario, all’occupazione e alla contrattazione, la CISL considera strategica la politica dei redditi come strumento guida delle politiche di risanamento e di sviluppo del nostro paese entro un quadro di distribuzione equa delle risorse tra ceti sociali ed aree del paese. Da questo punto di vista, la CISL ribadisce l’esigenza di una rigorosa applicazione dell’intesa del 23 luglio 1993 nell’ambito dei rinnovi dei contratti collettivi nazionali di lavoro, con l’incremento dei salari sulla base dell’inflazione programmata ed un recupero della differenza precedentemente maturata tra inflazione reale e aumenti salariali, sia per il settore privato che per quello pubblico. La CISL ritiene inoltre necessario definire sistemi contrattuali ed orari di lavoro in grado di tutelare e ridistribuire il lavoro a fronte di una crescita economica che stenta a produrre occupazione. Per questo la CISL si pone l’obiettivo strategico delle 35 ore medie settimanali procapite entro l’anno 2000 e, tendenzialmente, quello delle 30 ore entro il prossimo decennio. Tutto questo nell’ottica di una maggiore partecipazione dei lavoratori alla definizione degli obiettivi strategici delle imprese, allargando anche alle piccole e piccolissime aziende il meccanismo della contrattazione integrativa come ambito primario di ridistribuzione della produttività ai lavoratori.

LA FAMIGLIA E IL NUOVO MODELLO DI STATO SOCIALE
Il sindacato italiano si è misurato in questi anni con la crisi che in tutti i paesi industrializzati ha investito lo Stato sociale. Una crisi dovuta all’aumentata domanda di consumi sociali indotta dall’innalzamento della vita media, dall’espansione della spesa sociale, dal conseguente carico fiscale necessario per finanziarla e, nel nostro caso, dalla scarsa efficienza delle amministrazioni pubbliche. Per questo la CISL ritiene indispensabile un nuovo modello di Welfare State frutto di una strategia integrata di interventi fiscali, sanitari, assistenziali, di organizzazione dei servizi e di politica della casa. Il tutto coinvolgendo le istituzioni politiche in termini di trasferimento di risorse, l’azione degli enti locali nell’organizzazione dei servizi, le parti sociali per l’assunzione di politiche contrattuali volte a conciliare i tempi di lavoro con quelli della famiglia. Insomma l’instaurazione di un modello che non si limiti alla tutela delle famiglie in situazione di particolare difficoltà, ma che tenga nella giusta considerazione la famiglia “tipica” e i suoi tempi, per sviluppare una rete di servizi e un fisco che siano in grado di coniugare esigenze di controllo della spesa, solidarietà e consenso sociale. Da questo punto di vista la CISL ritiene fondamentali le seguenti questioni: ulteriore finanziamento del Fondo per l’occupazione; regolamentazione della flessibilità del lavoro; riorganizzazione e decentramento del mercato del lavoro e integrazione dei servizi per l’impiego; riordino degli incentivi alle assunzioni; consolidamento dei lavori socialmente utili; riforma degli ammortizzatori sociali; lotta al lavoro nero; politiche per l’occupazione giovanile e quella femminile; individuazione di nuovi bacini di occupazione in settori innovativi (beni culturali, ambiente, servizi alla persona, industria del tempo libero) e del terzo settore (non-profit).

IL MODELLO ORGANIZZATIVO E L’UNITA’
Per la CISL è indispensabile riflettere sul rapporto con la gente al fine di comprendere sempre meglio le modificazioni intervenute sia all’interno del mercato del lavoro che della società. Proprio per questo ritiene che non sia più tempo di tatticismi o rinvii rispetto alla prospettiva unitaria. Coerentemente con questa prospettiva la CISL ritiene necessario un modello di politica organizzativa che superi gli anacronistici equilibri di potere e sia in grado di rivalutare dal basso la rappresentatività dei gruppi dirigenti, che assuma come discriminanti la professionalità, la flessibilità e la gestione delle risorse umane come problema trasversale sul quale basare il rilancio e la progettualità degli interventi formativi, mirati anche ad alimentare il ricambio della dirigenza. Da questo punto di vista la CISL quindi non trova contraddittorio consolidare e generalizzare la presenza organizzata dei propri iscritti in tutti i luoghi di lavoro e nel territorio attribuendo alle Sezioni aziendali sindacali (SAS) e alle Leghe funzioni di terminale organizzativo del proprio essere associativo, anche in correlazione e a sostegno della rappresentanza contrattuale delegata alle RSU. Riforme delle istituzioni, dell’organizzazione dello Stato e del lavoro pubblico In linea con la pratica concertativa sancita con l’accordo del 23 luglio 1993, che ha legittimato il sindacato quale soggetto partecipativo delle scelte economiche e sociali del paese, la CISL ritiene che la cosiddetta “democrazia dell’alternanza” sia il sistema più idoneo per definire una maggiore responsabilizzazione della gestione politica, definendo con regole certe sia i poteri della maggioranza, cui spettano le decisioni politiche, sia quelli dell’opposizione, cui va garantita la funzione di controllo. Il tutto garantendo, attraverso la trasparenza e la pubblicizzazione degli atti e delle scelte politiche, l’effettiva partecipazione dei cittadini ai processi decisionali. Il nuovo modello di Stato che si rende necessario sarebbe quello del cosiddetto federalismo possibile e solidale, da costruire rivedendo la configurazione dei Comuni, delle Province e delle Regioni e operando un’integrazione tra possibilità di reale autonomia e tradizioni culturali. Parallelamente andrebbe ridisegnato anche l’assetto dei poteri governativi, in considerazione del fatto che il decentramento e il ridimensionamento dei poteri a livello centrale andrebbero accompagnati ad un rafforzamento del potere esecutivo tale da assicurare stabilità e governabilità al paese. Da questo punto di vista la CISL ritiene che la proposta del semipresidenzialismo integrata da quanto detto sopra sul federalismo possibile e solidale e da una definizione istituzionale della prassi concertativa, sul modello dell’accordo del 23 luglio 1993, sia la proposta più coerente. Naturalmente, definendo un nuovo modello di Stato muta anche il ruolo stesso dello Stato, che non si limiterà più solo a garantire i servizi e la tutela dei cittadini, ma sarà anche volto a garantire un adeguamento delle strutture pubbliche secondo l’evoluzione delle esigenze della collettività.

COME E’ ORGANIZZATA LA CISL
La CISL è una confederazione di sindacati che ha una duplice struttura organizzativa articolata su vari livelli territoriali. Da una parte ci sono le strutture di categoria (le federazioni, chiamate anche strutture “verticali”), che organizzano i lavoratori addetti a produzioni simili (ad esempio chimici, metalmeccanici, bancari, trasporti, enti locali); dall’altra una struttura organizzativa intercategoriale (la confederazione o struttura “orizzontale”) a cui sono affiliate tutte le categorie. I livelli territoriali in cui sono articolate le strutture organizzative, sia verticali che orizzontali, sono quattro.
· Il luogo di lavoro
· Il comprensorio
· La regione
· Il livello nazionale

IL LUOGO DI LAVORO
Questo ambito è la base di tutta la struttura organizzativa. Il sindacato è presente nei luoghi di lavoro con le Rappresentanze sindacali unitarie (RSU) in gran parte (due terzi) elette direttamente dai lavoratori ed in parte (un terzo) da esponenti designati dalle organizzazioni sindacali che stipulano i contratti collettivi di lavoro, secondo regole democratiche concordate tra sindacati dei lavoratori e associazioni imprenditoriali. Le RSU sono titolari dei diritti sindacali relativi alla gestione dei permessi sindacali, delle assemblee dei lavoratori, delle affissioni, dei rapporti con la controparte aziendale. Le RSU sono inoltre titolari della contrattazione aziendale, con il concorso ed il sostegno dei sindacati di categoria, secondo le modalità definite dal contratto collettivo nazionale di lavoro. È volontà della CISL che vengano costituite, oltre le RSU, le SAS (Sezioni aziendali sindacali) che devono rappresentare la CISL in tutti i luoghi di lavoro e svolgere la funzione di primo momento aggregativo e di visibilità associativa dell’essere CISL.

IL TERRITORIO
Il territorio raccoglie i lavoratori che svolgono la loro attività in un territorio ben delimitato geograficamente da alcune caratteristiche: amministrative, produttive, economiche, sociali. Il livello comprensoriale è la base della struttura orizzontale del sindacato. Ogni territorio, o Unione sindacale territoriale (UST), raccoglie le organizzazioni di categoria presenti nel territorio di competenza.

LA REGIONE
Il livello regionale raccoglie tutti i comprensori situati nella stessa regione geografica. Anche in questo ambito ogni struttura regionale, o Unione sindacale regionale (USR), raccoglie i sindacati di categoria presenti nella regione.

IL LIVELLO NAZIONALE
Questo livello raccoglie tutte le organizzazioni regionali. La Confederazione nazionale raccoglie al suo interno tutte le Federazioni nazionali di categoria. Ad ogni livello sono presenti organismi decisionali, responsabili delle scelte dell’organizzazione in quel livello specifico, sempre restando nell’ambito delle decisioni prese dal Congresso. Esistono organismi distinti per le strutture orizzontali. Gli organismi vengono eletti di norma ogni quattro anni dai congressi, che si tengono ai vari livelli organizzativi, seguendo due criteri: a. dal luogo di lavoro al livello nazionale di ogni categoria; b. dal verticale all’orizzontale, cioè dalle Federazioni di categoria alla Confederazione. I congressi consentono, attraverso regole democratiche, la partecipazione di ogni lavoratore iscritto alla formazione delle scelte politiche dell’organizzazione e all’elezione dei componenti degli organismi che dovranno garantire l’attuazione di tali scelte. Le regole formali per l’elezione degli organismi e per il loro funzionamento sono fissate dallo Statuto confederale, che può essere definito la “carta costituzionale” della CISL. Lo Statuto può essere modificato solo dal Congresso, massimo organo di decisione ed espressione della CISL.

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